Giornata Mondiale dell’Endometriosi

Giornata Mondiale del'Endometriosi

A settembre 2023 il Polo GGB ha lanciato sul mercato ENDOme: il primo test predittivo per indagare sulla predisposizione genetica allo sviluppo di endometriosi.

 

Base scientifica del test, uno studio condotto su una coorte di 100 pazienti con diagnosi certa di endometriosi, in collaborazione con il reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria della Misericordia di Perugia, guidato dal Dr. Saverio Arena. Obiettivo dello studio era quello di valutare l’associazione di una variante genetica all’interno del gene NPSR1 con gli stadi di infiammazione cronica di pazienti affette da questa invalidante patologia.

 

Oggi, giovedì 28 marzo, in occasione della Giornata Mondiale dell’Endometriosi, facciamo il punto con il Dott. Arena sullo stato di avanzamento della ricerca in ambito di prevenzione, diagnosi e cura di questa malattia.

 

Dott. Arena, il 28 marzo è una data simbolica per richiamare l’attenzione e sensibilizzare su questo grave disturbo che complica la vita di molte donne. A che punto è secondo Lei il grado di consapevolezza intorno al tema dell’endometriosi?

Sono passati più di 30 anni dalla prima iniziativa internazionale che aveva come obiettivo quello di sensibilizzare la comunità medico-scientifica su questa grave patologia cronica. Teatro di quella prima esperienza furono gli Stati Uniti d’America. Oggi la conoscenza della malattia è sicuramente aumentata e con essa l’attenzione da parte del personale sanitario. Esistono tuttavia una serie di problematiche oggettive che contribuiscono a complicare il quadro della situazione.

 

Può farci un esempio?

Le ragioni sono tante, ma la verità è che l’endometriosi è una malattia relativamente giovane: Le prime ricerche focalizzate su questa patologia risalgono alla seconda metà dell’800 per crescere poi ininterrottamente nel corso del XX secolo. Solo recentemente però si è arrivati a parlarne in modo più strutturato, in quanto ci si è finalmente resi conto del reale numero di donne che ne sono colpite. C’è poi un’ulteriore problematica legata alla natura multifattoriale della malattia. Fattori genetici e fattori ambientali sono coinvolti nello sviluppo di queste patologie e, ciò rende la diagnosi ancora più complessa.

 

I dati, infatti, ci dicono che la patologia colpisce circa il 10-15% delle donne in età fertile ma sappiamo anche che si tratta di una stima al ribasso. Quali iniziative può intraprendere la categoria dei ginecologi per ridurre questo gap diagnostico?

Fondamentale è la diagnosi precoce: indagare anche cioè sulla predisposizione genetica. Molti dei disagi causati dall’endometriosi peggiorano se ignorati con il passare del tempo e, in media, una diagnosi impiega dai 5-10 anni per arrivare. In questo senso sono fiero di aver contribuito in qualità di Direttore del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria della Misericordia di Perugia con Voi del Polo GGB, ad uno studio che ha portato alla nascita di ENDOme: uno specifico test genetico predittivo per indagare sulla predisposizione alla patologia.

Faccio un piccolo spoiler di cui sono altrettanto orgoglioso: è in corso uno studio che porterà ad una versione 2.0 di ENDOme. Grazie all’utilizzo della tecnica PRS (Polygenic Risk Score) sarà possibile indagare un numero molto maggiore di varianti coinvolte nel rischio di sviluppare endometriosi con un focus specifico dedicato anche ad eventuali risvolti in merito al tumore dell’endometrio.

 

La genetica predittiva rappresenta sicuramente un pezzo del puzzle in più, ma si porta dietro un’altra domanda: “cosa posso fare se scopro di avere questa predisposizione genetica?”

Ha utilizzato il termine giusto: “Un pezzo del puzzle in più”. Può sembrare un concetto vuoto di senso pratico, ma non lo è. Nelle patologie croniche multifattoriali, come l’endometriosi, che dipendono sia da fattori genetici che ambientali/comportamentali, avere un quadro genetico quanto più completo possibile è fondamentale. La ricerca va avanti e una predisposizione genetica non è un destino scolpito nella pietra.

 

Cure specifiche e mirate ad oggi non ce ne sono?

Passi avanti sono stati fatti in termini di trattamento farmacologico per evitare che la malattia si cronicizzi ma, in determinati casi si può ricorrere anche all’intervento chirurgico.

 

Quali prospettive intravede nel panorama della ricerca per il trattamento di disturbi legati al dolore cronico femminile come l’endometriosi?

Il valore del tempo credo sia la chiave di tutto e qui torniamo nel campo della genetica predittiva. Per una patologia così complessa da indagare e da diagnosticare, accrescere la consapevolezza delle donne è forse l’unico modo per spingere la comunità medico-scientifica ad aggiornare studi e pratiche cliniche quotidiane. È necessario dare vita ad un circolo virtuoso che ancora oggi, nonostante tutti gli sforzi fatti, si fa fatica ad intravedere.

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